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Itinerari

Altipiani del Terminio

Tratto dal Libro Sulle orme del lupo di Carmine Palatucci Ed. Altirpinia


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Agli inizi della primavera, quando le nevi dei monti irpini si sciolgono e le giornate si allungano, dopo il lungo inverno, è ora di tirar fuori gli scarponi da montagna e cominciare le passeggiate all'aria aperta. L'Irpinia offre svariate possibilità a coloro che amano la natura, la storia, l'arte, la buona cucina, lo sport. I monti, i santuari, i borghi antichi e i ristoranti tipici sono la meta domenicale di numerosi turisti che giungono tra noi dalle città, campane e non. E' soprattutto la primavera che fa riempire i verdi altipiani. Molti di questi superano i 1.000 metri sul livello del mare. Montevergine, Laceno, Terminio (vedi foto), grandi radure contornate da splendide faggete, popolate da numerosa fauna appenninica. Nei periodi caldi poi, migliaia di mucche di razza podolica con i loro campanacci rendono caratteristico l'ambiente. Una suggestiva escursione è la risalita che da Montella porta ai Piani di Verteglia in un dislivello che parte da 500 metri e raggiunge i 1.200 metri sul livello del mare.

Partendo di buonora da Piazza Bartoli a Montella, appena usciti dal rione S. Giovanni ci si inerpica su per la strada che porta al Castello (vedi foto) e al Monastero del Monte (vedi foto), in direzione ovest. Dopo circa mezz'ora, la prima sosta per riprendere fiato e per dar modo alle guide di fornire notizie sia sul maniero di epoca longobarda che sul complesso monastico con annessa chiesa, piena di numerose opere d'arte lignee e pittoriche di varie epoche, dedicata alla Madonna della Neve. Si riparte seguendo l'antico tratturo alle pendici del Monte Sassetano che, attraversando estesi castagneti, porta verso il Pizzillo. La marcia è agevole, in leggera salita, e non presenta difficoltà. Essa è quella che per millenni hanno percorso i nostri avi. Quanta legna è scesa giù per il fabbisogno dei nostri antenati, a dorso di asino, di mulo, sulle spalle di uomini, sulla testa delle donne! Quanti canti hanno udito questi monti, dall'alba al tramonto, di uomini con l'accetta e donne col truocchio (panno arrotolato a ciambella per permettere di portare pesi sulla testa)! Sembra di sentire ancora intonare dalle ripe, dalle valli, dai costoni, antiche canzoni. Il gracchiare delle cornacchie, che ivi dimorano, riporta alla realtà e preannuncia che siamo nei pressi della Pietra della puttana. Una roccia con una piccola cavità in cui tutti i montellesi che passano vicino, per gioco, lanciano un sasso. Se il sasso resta nella cavità... si è salvi, altrimenti si è figli di...

Sì prosegue quindi sul tratturo diventato più tortuoso e si notano i resti dei gradoni e delle pietre dell'antico lastricato medioevale (vedi foto). Infatti è più in basso, nel pressi del Castello. che si ergeva il piccolo borgo di Montella, poi sceso a valle. Man mano che si sale i castagni lasciano il posto a faggi, aceri, lecci. Occorrono circa tre ore per arrivare in cima al Pizzillo, non prima dì aver incontrato un ruscello che è il Torrente Santa Maria, un corso d'acqua che attraversando Montella la divide in due parti. A questo punto, all'escursionista appare il primo piccolo pianoro costellato di narcisi, anemoni, ranuncoli, margherite, violette, primule su un tappeto verde circondato dai faggi appena sbocciati e, alla loro ombra, distese di aglio selvatico in fiore.

A poche centinaia di metri, scendendo in direzione sud-ovest, appare, come per incanto, la Piana di Verteglia, orgoglio dei montellesi. Tanti l'hanno decantata, da Francesco Scandone a Giustino Fortunato, a Padre Gerardo M. Bruni. Quest'ultimo scrive che Verteglia ha preso il nome da una pastorella che viveva dove ora c'è il rifugio, Vertilia. Nei pressi del laghetto Acque della Madonna rinfranchiamo lo spirito ed il corpo. Sembra di stare in Paradiso!

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